La nostra giovane democrazia

Ringrazio il sig. Sindaco Mario Pardini, il presidente del Consiglio Comunale Enrico Torrini, gli assessori, i consiglieri di maggioranza e quelli di minoranza, tutti gli intervenuti.

Parlo come consigliere nazionale della Federazione Italiana Volontari della Libertà, che accoglie ATVL, ma anche come studioso di storia contemporanea e direttore del Centro Studi di Storia Contemporanea dedicato a Carlo Gabrielli Rosi.

Il 25 aprile – sgombriamo subito ogni possibile equivoco e fraintendimento – è la data fondante della nostra democrazia. Se siamo noi tutti qui a parlare liberamente lo dobbiamo a quel passaggio della nostra storia. Se avessero vinto i totalitarismi fascista e nazista molti di noi sarebbero in un altrove che si sarebbe chiamato campo di concentramento, capo di rieducazione, carcere psichiatrico, fossa comune.

E’ doveroso però oggi più che mai, aggiungere anche che il 25 aprile non è solo la festa dei comunisti o di una associazione resistenziale. Parlare della Resistenza italiana significa in realtà aprire le pagine delle Resistenze al fascismo e al nazismo. Perché è al plurale che dobbiamo declinare quel fenomeno avverso alla Repubblica Sociale e all’occupante tedesco.

Fin dall’8 settembre 1943 la Resistenza di alcuni reparti del Regio Esercito divenne la prima forma di contrasto e dunque a Cefalonia, a Porta San Paolo a Roma, in Sardegna e Corsica, in Montenegro, i militari seppero resistere e in molti casi subire la terribile rappresaglia tedesca.

Immediatamente dopo si aprì la tragica pagina della Resistenza degli Internati Militari Italiani, catturati dai tedeschi e rinchiusi nei campi di concentramento. Questi rifiutarono di arruolarsi con i repubblichini e quando qualcuno aderì, stremato e costretto, una volta in Italia fuggì e disertò. Oltre 650.000 uomini rimasero fedeli all’Italia tra il filo spinato tedesco. Fedeli alla patria.

Poi la Resistenza delle tante brigate e formazioni che sulle montagne e nelle città contrastarono i fascisti e i nazisti. Riuniti e organizzati militarmente nel Corpo Volontari della Libertà comandato dal Gen. Raffaele Cadorna, i partigiani e i patrioti erano guidati politicamente dal Comitato di Liberazione Nazionale all’interno del quale si animavano i partiti: la Democrazia Cristiana, il Partito Comunista, il Partito d’Azione, il Partito Liberale, il Partito Democratico del Lavoro e il Partito Socialista.

Sul campo si crearono numerose formazioni con diversi nomi e legate ai partiti: Brigate Garibaldi (Partito Comunista); Brigate autonome (guidate da militari e rappresentate nel CLN confluite poi in buona parte nell’area della Democrazia Cristiana); Brigate Giustizia e Libertà (Partito d’Azione); Brigate del popolo e Fiamme Verdi (Democrazia Cristiana); Brigate Matteotti (Partito Socialista); Brigate Mazzini (Partito Repubblicano Italiano).

La Resistenza militare fu anche quella del Corpo Italiano di Liberazione che dal settembre del 1943 venne formato dalla Divisione Paracadutisti Nembo, dal 68° Reggimento fanteria Legnano, dal Battaglione Alpini Piemonte e dall’11°Reggimento artiglieria motorizzato. Unità che nel luglio del 1944 vennero aggregate ai Gruppi di combattimento: “Cremona”, “Friuli”, “Folgore”, “Legnano”, “Mantova” e “Piceno”. L’embrione di quello che diventerà il nuovo Esercito italiano e che sui campi di battaglia affrontò con coraggio il nemico tedesco. Accanto all’VIII armata britannica.

In Italia si animò anche un’altra Resistenza. Quella del clero e della Chiesa che aprì le porte dei conventi, salvò, aiutò, sostenne i perseguitati. Centinaia di casi di sacerdoti assassinati perché vicini agli ultimi, agli umiliati, ai condannati. Noi abbiamo un alto esempio: Don Aldo mei morto per amore.

E poi la Resistenza, quella più radicata e fertile, delle donne che fin dall’8 settembre rivestirono i soldati che cercavano di tornare a casa in una sorta di staffetta ideale: «Salvo il figlio di un’altra madre che son sicura salverà il mio». Le donne che si caricarono sulle spalle il peso di famiglie senza uomini partiti e smarriti in un’Europa devastata. Le donne che subirono, spesso in silenzio, umiliazioni e privazioni, prendendo per mano comunità intere devastate.

Tutto questo in un paese percorso da uomini sanguinari tesi a «cercare la bella morte», inzuppati nell’ideologia di un fascismo totale, accerchiati e soli. Di una Repubblica Sociale in mano al fanatismo nazista macchiatosi, con l’aiuto dei fascisti, di stragi di donne, bambini, anziani commesse in tutta la penisola.

La Resistenza fu anche Resistenza all’orrore, ai rastrellamenti, agli arresti, alle torture, alle impiccagioni, in una guerra civile che a tratti divenne una vera e propria guerra ai civili.

Da questa lotta è nata la Democrazia italiana.

E’ bene ricordare però che la lotta di Liberazione non coinvolse tutti, perché la maggioranza degli italiani scelse di «sopravvivere» abitando soffitte e cantine, entrando in una zona grigia di attesa e di non partecipazione. E questo fu ed è ancora oggi un male. Quando una parte della comunità sceglie di attendere, di non alzare più la mano, di non combattere per i propri diritti.

Seppur tanti italiani decisero di soggiornare nella penombra senza partecipare, è tra quelle cicatrici, con quel sangue, nei luoghi delle stragi, che sono nati gli articoli della Costituzione italiana. Un insieme di parole che sono «carne viva» del nostro passato, del nostro presente e del nostro futuro.

La Resistenza immediatamente dopo la guerra ha passato prima la deriva rivoluzionaria di alcune Brigate Garibaldi, tese a continuare la guerra. Gli esempi della Volante Rossa, ma anche quello precedente della strage di Porzus, rappresentavano solo l’inizio della frattura. Perché poi la cristallizzazione della Resistenza diventata mito utile a tutti i partiti per certificare il loro grado di democrazia, ha lentamente spostato l’obiettivo di coloro che combatterono, in una ricerca sempre più effimera dimenticando gli ultimi, gli oppressi, gli emarginati. Qui i passaggi sono molti e tutti critici: Il mondo diviso in due blocchi; la necessità del Partito Comunista italiano di intestarsi la Resistenza per poter legittimare la propria presenza in uno Stato che era sotto il controllo americano; la spaccatura dei partigiani divisi tra ANPI (Partito Comunista), FIVL (Democrazia Cristiana, Partito Liberale, e ad altri partiti di centro) e FIAP (Partito Socialista) che crearono numerose realtà che ancora oggi animano il dibattito intorno alla Resistenza. Proprio come ATVL a Lucca che ha avuto fino agli anni novanta più di 900 soci (cercate nei cassetti dei vostri nonni le tessere dei Volontari della Libertà perché le troverete).

La caduta della prima Repubblica ha visto la scomparsa di molti partiti o la loro trasformazione e la Resistenza è stata sempre più spesso declinata come sinonimo di sinistra, perdendo, pericolosamente, la propria connotazione di soggetto plurimo. Alla fine in campo per anni è rimasta solamente la Resistenza comunista, dimenticando tutte le altre forme che hanno fornito i semi per la nascita della Democrazia.

Le Resistenze dei militari, dei partigiani e dei patrioti, del clero, delle donne, sono ancora oggi un’eredità da ravvivare, non come forma di contrasto all’insorgere di nuove ideologie, bensì per l’assoluta e vitale necessità di difendere quei valori che rappresentano l’incedere, difficile e a volte claudicante, della nostra giovane democrazia.

Andrea Giannasi